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1) 21 giugno 2018 RATIFICA ACN CONVENZIONATI
2) L’Oms aggiorna l’ICD: la transessualità esce dai disturbi mentali. Entrano dipendenza da gioco e medicina tradizionale
3) Disturbo post traumatico da stress e malattie autoimmuni
4) Depressione: negli anziani i sintomi sono più gravi e persistenti

Ratifica con ACN Convenzionati

In data 21 giugno 2018, a conclusione delle previste procedure di controllo ed approvazione, sono stati ratificati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome l’Accordo per la disciplina dei rapporti con gli Specialisti Ambulatoriali, i Veterinari e le altre professionalità (Biologi, Psicologi e Chimici). Con tale ratifica il 21 giugno 2018 l’ACN è entrato formalmente in vigore e da questa data parte il conteggio per l’erogazione degli arretrati

L’OMS aggiorna l’ICD: la transessualità esce dai disturbi mentali. Entrano dipendenza da gioco e medicina tradizionale

È lo strumento per codificare in 55mila voci la condizione umana «dalla nascita alla morte», dalle singole ferite che possiamo procurarci alle malattie, in un approccio olistico che tiene conto anche degli aspetti, della nostra esistenza, che potrebbero influire sulla salute. Per questo è anche lo specchio dei tempi. Che cambiano molto rapidamente, sia sotto il profilo dell’innovazione tecnologica sia della cultura. L’ICD (International Classification of Diseases), la classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi di salute correlati appena presentata dall’Organizzazione mondiale della sanità, andava necessariamente riveduta e corretta e dopo diciotto anni la nuova edizione, l’undicesima, ha visto finalmente la luce. Anche se dopo la presentazione alla prossima Assemblea generale dell’Oms, sarà ufficialmente in vigore “solo” nel 2022, per essere recepita con modalità differenziate dai singoli Stati membri. L’ICD-10, rilasciato nel 1990, fu recepito dalla Tailandia solo nel 1994
L’influenza dell’ICD è enorme: queste statistiche sulla salute costituiscono la base di quasi tutte le decisioni prese oggi in ambito sanitario. Capire cosa fa ammalare le persone e cosa le uccide, è al centro della mappatura delle tendenze e delle epidemie della malattia, della programmazione dei servizi sanitari, delle scelte di spesa sanitaria e di investimenti in R&S. Basti pensare che negli Usa, i codici ICD sono il fondamento della fatturazione dell’assicurazione sanitaria.

La svolta sulle persone transgender. Dopo un lavoro molto complesso, durato oltre dieci anni, l’ICD-11 è un “manuale” decisamente nuovo. Intanto perché è completamente elettronico, e questo ne agevola la consultazione e l’uso. Ma soprattutto perché registra svolte epocali: come lo spostamento dell’incongruenza di genere dai codici relativi ai disturbi mentali a quelli sulle condizioni di salute sessuale. «La logica – spiegano dall’Oms – è che mentre le prove sono ora chiare sul fatto che non si tratta di un disturbo mentale, classificazione che può causare uno stigma enorme per le persone transgender, restano significative esigenze di assistenza sanitaria che possono essere soddisfatte meglio se la condizione è classificata sotto l’Icd». No allo stigma, quindi; sì a una migliore presa in carico. Anche perché proprio per le condizioni di salute mentale «i codici ICD sono particolarmente importanti, «in quanto è uno strumento diagnostico». La transessualità – ha spiegato Lale Lay, coordinatrice del team che gestisce le problematiche di adolescenti e popolazioni a rischio – è stata inserita in un capitolo di nuova creazione, per dare spazio a condizioni legate alla salute sessuale e che non necessariamente hanno a che fare con altre situazioni codificate nell’ICD».

Dipendenza da gioco e medicina tradizionale”new entry”. Il “game disorder” entra invece ufficialmente nella sezione “disturbi da dipendenza”: Tre le caratteristiche del disordine: una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti che prendono il sopravvento sugli altri interessi della vita; il fatto che anche quando si manifestano le conseguenze negative dell’abitudine al gioco, non si riesca a controllarle; infine il fatto che comportino problemi nella vita personale, familiare e sociale, con impatti anche fisici, dai disturbi del sonno ai problemi alimentari. Per essere riconosciuto come problema di salute mentale il disordine deve durare almeno dodici mesi, anche se in casi particolarmente gravi possono esserci eccezioni».
Tra i nuovi capitoli dell’ICD, anche quello sulla medicina tradizionale, mai classificata prima malgrado milioni di persone la utilizzino in tutto il mondo. «L’inclusione – spiegano dall’Oms, precisando che “l’inclusione o l’esclusione non è un giudizio sulla validità di una condizione o l’efficacia di un trattamento” – è un modo per registrare dati epidemiologici sui disturbi descritti nell’intera medicina cinese, comunemente usati in Cina, Giappone, Corea e in altre parti del mondo».

Stretta sulla resistenza antimicrobica. Aggiornati i codici relativi alla resistenza antimicrobica: sono più strettamente in linea con il Sistema di sorveglianza globale. L’ICD-11 è anche in grado di catturare meglio i dati relativi alla sicurezza nell’assistenza sanitaria, il che significa – precisano dall’Oms – che gli eventi non necessari che possono danneggiare la salute – come i flussi di lavoro non sicuri negli ospedali – possono essere identificati e ridotti.

Disturbo post traumatico da stress e malattie autoimmuni

Le persone che soffrono di disturbo post-traumatico da stress (PTSD – post-traumatic stress disorder) e altri problemi psichiatrici sarebbero a maggior rischio di sviluppare malattie autoimmuni. A suggerirlo è una ricerca guidata da Huan Song, del Karolinska Institute di Stoccolma, in Svezia, e pubblicata da JAMA.

21 GIU – I ricercatori del Karolinska Institute di Stoccolma hanno studiato 106.464 persone con una diagnosi di disturbo da stress e le hanno messe a confronto con 126.652 loro fratelli senza lo stesso disturbo e oltre un milioni di individui che non hanno mai avuto disturbi da stress. Nel follow-up medio di 10 anni, le persone con PTSD avevano il 46% in più di probabilità di sviluppare una malattia autoimmune e più del doppio di soffrire di almeno tre disordini autoimmuni, rispetto a chi non aveva mai avuto questi problemi. Inoltre, tra i pazienti con PTSD che assumevano inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) nel primo anno dalla diagnosi, il rischio di andare incontro a patologie autoimmuni sembrava diminuire. Mentre quando i pazienti assumevano farmaci SSRI per 179 giorni o meno, avevano più del triplo del rischio di sviluppare malattie autoimmuni.

I risultati
In particolare, circa nove persone su mille con disturbi da stress hanno sviluppato disordini autoimmuni, rispetto a circa sei su mille nella popolazione delle persone senza disturbi da stress e 6,5 su mille nei fratelli. Infine, la connessione tra stress e malattie autoimmuni sarebbe stata più evidente per problemi endocrini come il diabete e più debole per malattie autoimmuni dermatologiche e a livello del sangue.
“Lo stress emotivo grave e prolungato provoca alterazioni in diverse funzioni dell’organismo attraverso disregolazione nel rilascio di ormoni dello stress”, spiega Huan Song il coordinatore dello studio. “Il messaggio principale per i pazienti che hanno gravi reazioni emotivi a seguito di un trauma è di cercare un trattamento”.
“È un po’ sorprendente che non ci sia una grande differenza tra i fratelli e la popolazione generale”, sottolinea invece Johnny Ludvigsson, della Linkoping University, in Svezia, che non era coinvolto nello studio.
“Ci si sarebbe aspettata una maggiore influenza da parte della genetica”. Mentre secondo Michael Eriksen Benros, del Mental Health Centre Copenhagen, in Danimarca, questi risultati offrono nuove prove dei modi complessi con cui il cervello può influenzare il sistema immunitario.
“Lo stress psicologico a lungo termine può influenzare l’organismo, compresi i livelli di ormone dello stress e il sistema nervoso autonomo, con conseguente compromissione del funzionamento immunitario”, ha sottolineato Benros

Depressione: negli anziani i sintomi sono più gravi e persistenti

Uno studio appena pubblicato da Lancet Psychiatry ha messo in evidenza come tra gli anziani i sintomi della depressione siano più gravi e persistenti rispetto ai pazienti più giovani. Una delle ipotesi formulate è quella della ridotta plasticità del cervello

28 GIU – (Reuters Health)– Gli anziani con disturbo depressivo maggiore hanno una maggiore probabilità di sperimentare sintomi gravi e persistenti rispetto ai più giovani. A suggerirlo è uno studio olandese pubblicato da Lancet Psychiatry e coordinato da Brenda Penninx del VU University Medical Center di Amsterdam.

Lo studio
I ricercatori hanno esaminato i dati relativi 1.042 adulti con disturbo depressivo maggiore, di età compresa tra 18 e 88 anni. Penninx e colleghi hanno studiato in che modo la depressione si sviluppava nel tempo, confrontando i sintomi all’inizio dello studio e dopo due anni. Rispetto ai partecipanti della fascia di età 18-29 anni, le persone con più di 70 anni avevano dalle due alle tre volte in più di probabilità di avere una diagnosi di disturbo depressivo maggiore dopo due anni e di aver sofferto di sintomi durante la maggior parte di quel periodo. Gli anziani, inoltre, hanno impiegato più tempo per andare in remissione o per avere miglioramenti nella gravità della depressione.

Le conclusioni
Un motivo, secondo gli autori, potrebbe essere dovuto al fatto che gli anziani hanno una maggiore probabilità di avere fattori di rischio per la depressione, come malattie croniche, solitudine o stili di vita pco sani. È anche possibile che l’invecchiamento del cervello porti a una riduzione della plasticità. E così, prevenzione, diagnosi precoce e trattamento sono essenziali, come sottolinea Penninx. “Tutto ciò che funziona per prevenire la depressione, uno stile di vita salutare, attività sociali, prendersi cura della propria salute il più possibile, è utile”.
E se si sviluppa la depressione, “cercare un trattamento adeguato è essenziale perché c’è, specialmente tra gli anziani, una sottostima di questo disturbo”, spiega l’esperto. Secondo Tze Pin Ng, della National University di Singapore, la depressione maggiore colpisce persone di tutte le età, ma soprattutto tra i 45 e i 65 anni. Ma anche se tra gli anziani il rischio di depressione è più basso rispetto agli adulti di mezza età, i primi tendono ad avere una depressione in forma più grave.
Per questo è importante che gli anziani adottino misure per proteggersi. “Prestare attenzione ad adeguati livelli di attività fisica e sociale e assumere abitudini alimentari sane aiutano a ridurre i rischi metabolici e vascolari, per contrastare allo stesso tempo lo sviluppo di demenza e depressione, oltre che di malattie cardiache”, ha sottolineato l’esperto, che ha scritto un editoriale sullo studio.

Cordiali saluti
La Segreteria Nazionale