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– Riforma delle pensioni
– Benzodiazepine: potrebbero aumentare il rischio di polmonite
– In aumento disturbi alimentari, età di esordio scende a 11 anni
– Roma 6 febbraio Cnop Lo psicologo nel piano nazionale della cronicità

– Riforma delle pensioni

Il Governo ha approvato la riforma delle pensioni che va sotto il nome di “Quota 100”. Si tratta di una parziale riforma della legge “Fornero”.
Quali le novità?
“QUOTA 100”.
È possibile andare in pensione all’età di 62 anni con 38 anni di contributi.
Evidentemente non è tutto oro quello che luccica.
Proviamo a sintetizzare con alcuni esempi cosa accade andando in pensione con “quota 100”.

1) Ipotesi reddito lordo annuo 50.000 €.

Con 62 anni di età e 38 di contributi la pensione il taglio della pensione è di circa il 22%.
Con 64 anni il taglio sarà del 13% circa.
Con 67 anni non ci sarà alcun taglio della pensione.
In tutte e tre le ipotesi le percentuali di riduzione saranno calcolate sulla pensione spettante calcolata in base ai contributi versati.

2) Ipotesi reddito lordo annuo 75.000,00 €.

Con 62 anni di età e 38 di contributi la pensione il taglio della pensione è di circa il 25%.
Con 64 anni il taglio sarà del 14% circa.
Con 67 anni non ci sarà alcun taglio della pensione.
In tutte e tre le ipotesi le percentuali di riduzione saranno calcolate sulla pensione spettante calcolata in base ai contributi versati.

3) Ipotesi reddito lordo annuo 100.000,00 €.

Con 62 anni di età e 38 di contributi la pensione il taglio della pensione è di circa il 26%.
Con 64 anni il taglio sarà del 15% circa.
Con 67 anni non ci sarà alcun taglio della pensione.
In tutte e tre le ipotesi le percentuali di riduzione saranno calcolate sulla pensione spettante calcolata in base ai contributi versati.

Per i dipendenti pubblici la prima finestra scatta il 1° agosto 2019, ma, ad agosto, potranno andare in pensione solo i lavoratori che hanno maturato “quota 100” prima della data di entrata in vigore della riforma. Chi matura i requisiti di “quota 100” dopo l’entrata in vigore della riforma potrà andare in pensione sei mesi dopo il raggiungimento di “quota 100”. Ciò significa “quota 100 + 6 mesi”.

Problema a parte la corresponsione del Tfs.
Fino a 30.000,00 € la liquidazione dovrebbe essere immediata. Il resto del Tfs non si sa ancora con quali scadenze potrebbe essere corrisposto.
Le ipotesi attualmente sono due:
1. al compimento dei 67 anni di età con le scadenze previste dalla Fornero;
2. il Governo potrebbe stipulare una convenzione con le banche in modo tale da anticipare la corresponsione del trattamento. In questo caso bisognerà vedere i tassi di interesse applicati a carico dei lavoratori.

OPZIONE DONNA
Questa possibilità, già in vigore da qualche anno, resta. In questo caso abbiamo verificato che il taglio della pensione è molto più marcato e si attesta su una riduzione di circa il 30%.

PENSIONE ANTICIPATA PREVISTA DALLA FORNERO
In questo caso la riforma del Governo apporta modifiche in senso migliorativo. Dal primo gennaio 2019 potranno andare in “pensione anticipata” i lavoratori che hanno maturato 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

– Benzodiazepine: potrebbero aumentare il rischio di polmonite

Una revisione sistematica e metanalisi, condotta da un gruppo di ricercatori cinesi, evidenzia un’associazione tra uso di benzodiazepine e aumentato rischio di polmonite, in particolare tra gli utilizzatori attivi (+ 40%) e per le molecole short-acting. Responsabili di questo effetto indesiderato potrebbero gli effetti immunomodulanti e sedativi delle benzodiazepine. Gli autori suggeriscono dunque un uso oculato di questi farmaci, soprattutto in presenza di altri fattori di rischio di polmonite e un attento monitoraggio dei pazienti soprattutto nel primo mese di trattamento.
Un lavoro appena pubblicato su International Journal of Geriatric Psichiatry suggerisce che le benzodiazepine e i farmaci ad esse correlati potrebbero aumentare il rischio di polmonite. l’analisi ha preso in considerazione tutti gli studi osservazionali che confrontavano la comparsa di polmoniti tra i pazienti in trattamento con benzodiazepine rispetto a quelli non in terapia. La metanalisi ha compreso 10 studi (6 caso-controllo e 4 di coorte) su un totale di oltre 120 mila casi di polmonite.
L’aumento del rischio di sviluppare una polmonite in seguito all’assunzione delle benzodiazepine è quantificabile intorno al 25% e riguarda solo gli utilizzatori attivi (rischio maggiorato del 40%) e quelli che da poco hanno fatto uso di questi farmaci, ma non chi ne ha fatto uso in passato (OR: 1.11). ulteriori analisi di sottogruppo hanno evidenziato un consistente aumento del rischio (+ 206%) negli utilizzatori correnti delle benzodiazepine short-acting.
Gli studi preclinici hanno evidenziato che alcune benzodiazepine sono in grado di alterare la risposta alle infezioni nei topi, soprattutto attraverso l’inibizione del reclutamento dei macrofagi, della fagocitosi e delle ‘esplosioni ossidative’ di macrofagi e neutrofili. L’effetto sedativo (più pronunciato all’inizio del trattamento ) può inoltre aumentare il rischio di aspirazione.
Gli autori della metanalisi, Guo-quing Sun e colleghi del Dipartimento di Psichiatria, The Seventh Hospital di Hangzhou (Cina) concludono dunque che l’impiego delle benzodiazepine si associa con un aumentato rischio di polmonite; i medici dovrebbero dunque valutare rischi e benefici di queste terapie, prescriverle solo in caso di effettivo bisogno, soprattutto nei soggetti con altri fattori di rischio per polmonite, e monitorare attentamente i pazienti soprattutto nel primo mese di terapia.
Le benzodiazepine sono comunemente utilizzate per il trattamento di diverse condizioni, dalla depressione, all’ansia, all’insonnia, agli attacchi di panico. In alcuni Paesi, la prevalenza di utilizzo di benzodiazepine tra gli anziani arriva al 40%, ma il loro impiego è tutt’altro che privo di rischi. In passato è stato già segnalato come l’uso di questi farmaci si associ ad un aumentato rischio di cadute, di fratture, di alterazioni cognitive, di demenza e di disturbi comportamentali. Ma finora non era emerso con chiarezza un possibile aumento del rischio di polmonite che, soprattutto tra gli over 65 è una delle principali cause di morbilità e mortalità. I risultati di questa metanalisi comunque, suggeriscono gli autori, andranno confermati da ulteriori studi su vasta scala, specificamente disegnati per rispondere a questo quesito.

– In aumento disturbi alimentari, età di esordio scende a 11 anni

L’età di esordio più frequente per anoressia e bulimia è tra i 15 e i 25 anni, anche se sono in aumento i casi dagli 11/12 anni. Rifiuto del cibo o, al contrario, grandi abbuffate restano i problemi più frequenti, ma ad essere in aumento è anche la vigoressia (fenomeno in aumento anche nelle donne). La causa? Un profondo disagio personale che trasforma la voglia di essere magri e ‘belli’ in una patologia, aggravata dall’utilizzo dei social, che consentono ai loro utenti di crearsi dei profili online, utilizzati in questo caso per mettersi in mostra in una vetrina cui tutti hanno libero accesso e, dunque, facilitano confronti con modelli di bellezza irraggiungibili.
“I disturbi dell’alimentazione sono diversi- spiega Annalisa Venditti, psicologa esperta dei disturbi del comportamento alimentare presso il Gruppo INI, Istituto Neurotraumatologico Italiano- L’anoressia e bulimia, legate al controllo del peso (nel primo caso una restrizione patologica alimentare che porta ad un forte dimagrimento e nel secondo con mangiate incontrollate a cui seguono condotte compensative quali vomito, abuso di lassativi/diuretici e sport estremo), sono i più diffusi, soprattutto per le donne, che più spesso tendono a seguire modelli di bellezza estetica”.
Ma “stanno aumentando le forme miste, in cui si passa dall’anoressia nervosa alla bulimia nelle diverse fasi della vita, e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder), una sorta di bulimia senza comportamenti di compenso che porta frequentemente all’obesità: è stimato che circa il 30% degli obesi sia affetto da questo disturbo”.
Qual è dunque l’identikit della persona che ha problemi con il cibo? “I disturbi alimentari colpiscono più le donne (soprattutto per anoressia e bulimia), l’esordio è più frequente nell’adolescenza – prosegue l’esperta – L’età si sta abbassando, già con l’ingresso nella scuola media ci si sente donne, ci si trucca, si utilizzano i cellulari come vetrina e c’è il desiderio di essere belle. Ma il problema è aumentato anche negli uomini, sempre più attenti al fisico: la vigoressia, o anoressia reversa, è una forma di dismorfismo corporeo che porta la persona ad una continua ossessione per il tono muscolare, l’allenamento, la massa magra, una dieta ipocalorica e iperproteica, uno stile alimentare dannoso per ottenere un fisico pompato, a cui spesso si aggiunge l’uso di sostanze illegali per raggiungere tale obiettivo”.

– Roma 6 febbraio Cnop Lo psicologo nel piano nazionale della cronicità

Mercoledì 6 febbraio a Roma presso la Sala del Cenacolo – Camera dei deputati verrà presentato il documento prodotto dal GDL Psicologo nella cronicità coordinato dal dott. Lazzari alla presenza del sottosegretario del Ministero della Salute dott. Luca Coletto, del Sen. Pierpaolo Sileri Presidente XII Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato, dell’On. Rossana Boldi Vice presidente XII Commissione Affari Sociali della Camera, dell’On. Maria Teresa Bellucci e dell’On. Vito De Filippo membri della XII Commissione Affari Sociali della Camera.

Cordiali saluti
La Segreteria Nazionale